Il mito di Babele
Tutta la Terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l'un l'altro: "Venite, facciamoci mattoni e cociamoli al fuoco". Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: "Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la Terra". Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: "Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro possibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro". Il Signore li disperse di là su tutta la Terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la Terra e di là il Signore li disperse su tutta la Terra. (Gen. 11, 1-9)
Tralasciando momentaneamente questioni di carattere tecnico sino pocanzi trattate, può risultare coinvolgente rivolgere il nostro interesse su ipotesi mitologiche riguardanti la creazione e la diffusione linguistica nel mondo. Lo spunto più apprezzabile ci è fornito dal mito Cristiano-Ebraico sulla creazione ancestrale da parte dell’uomo della Torre di Babele e successiva distruzione da parte di Dio, fattore – secondo la mitologia – scatenante la creazione delle varie lingue nel mondo nonché di confini e nazioni.
È narrato che questa fantastica torre di mattoni fosse costruita sul fiume Eufrate nella regione del Sennaar (Mesopotamia) con lo scopo da parte degli Uomini di avvicinarsi quanto più possibile al cielo e dunque a Dio. Stando al racconto biblico, gli Uomini sino a quel momento dispersi sulla Terra per Volontà Divina, - secondo mitologia Cristiana, dal momento in cui il Creatore cacciò Adamo ed Eva dai Giardini dell’Eden per mandarli sulla Terra- all'epoca parlavano tutti la medesima lingua, pertanto tale tentativo spinse Dio a creare scompiglio nei popoli, facendo in modo che le persone parlassero lingue differenti e non si capissero ed impedendo quindi che la torre venisse portata a termine.
Tale avvenimento si presta a molteplici interpretazioni.
Nella mitologia Cristiana l’interpretazione più plausibile risulta essere in chiave non punitiva (come potrebbe essere semplice pensare in prima analisi) bensì come la realizzazione di un piano di Dio stesso, il quale con tale gesto avrebbe diffuso la specie umana - dapprima raggruppata in un’unica zona - su tutto il territorio terrestre; infatti, così come comandato ai tempi in cui la Volontà Divina si scagliò su Adamo ed Eva, il proposito originale di Dio era che la razza umana popolasse l’intero pianeta e non fosse accentrata in un unico sito per far sì che tale consapevolezza raggiunta dall’uomo fosse ciò che lo rendesse pronto al compimento di tale scopo, realizzando quanto appreso dalla Divina Provvidenza e portando pertanto a termine una sorta di ricongiungimento Divino spesso descritto nella Bibbia come il vero significato della vita.
Secondo tradizione ebraica infatti tale racconto viene interpretato come la volontà della popolazione umana -che al tempo aveva già acquisito conoscenze linguistiche che andavano ben oltre l’Ebraico, ovvero l’idioma usato dal Divino per poter comunicare con gli Uomini, unica lingua degna di conoscenza- di comunicare direttamente con gli Angeli, i servitori di Dio, al fine di poter arrivare un giorno a dominare il Regno dei Cieli al posto del Creatore stesso. Tale affronto pertanto, sempre secondo tradizione ebraica, sarebbe stato punito da Dio con la trasformazione degli uomini responsabili in scimmie.
In definitiva, qualunque sia l’interpretazione che possa essere data al mito di Babele, è possibile evincere che la differenziazione linguistica voluta dal Creatore nei confronti dell’umanità sia un elemento utile a rendere il grado di impotenza degli esseri viventi se paragonato con il Divino e pertanto, così come successivamente affermato da Benjamin, il traduttore è una sorta di mediatore tra l’impotenza umana e l’onnipotenza divina.
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